Non è nulla di pretenzioso, all'apparenza, il nuovo libro di Saviano: raccoglie in forma scritta, rivista e arricchita, gli otto monologhi, da lui composti, della trasmissione televisiva Vieni via con me, condotta dallo stesso Saviano assieme a Fabio Fazio.
Otto monologhi che attraversano l'Italia, i suoi problemi, le sue domande, la sua ricerca di risposte. Saviano parla di Costituzione, di mafia, di diritti, di terremoti, di storie d'amore. Parla della macchina del fango, quel meccanismo che vuole delegittimare chiunque, che vuole farci credere che siamo tutti sporchi, quando non è così.
È un racconto appassionato, quello di Saviano: non è un semplice racconto di cronaca il suo, non è un mero susseguirsi di informazioni, impostato in maniera fredda e distaccata. Fra le sue parole si riesce a percepire la passione con cui Saviano racconta queste cose, la sua voglia di giustizia, la sua sete di uguaglianza. Si avverte in maniera prepotente la forza con cui racconta le tragiche storie dei ragazzi deceduti sotto il crollo della Casa dello studente all'Aquila, con cui narra la storia d'amore e di sofferenza di Piergiorgio e Mina Welby, con cui cerca di persuadere e far capire che è la non partecipazione, il disinteresse, il pensare: "Non è un problema mio", la vera origine del marcio che perdura in questo Paese.
E a parlare non è qualcuno che vive al sicuro, tranquillo, nel suo appartamento di città. A parlare è un uomo che vive sotto scorta da cinque anni, un uomo che non ha fissa dimora, che mette a rischio addirittura la vita dei suoi cari, oltre alla sua. Eppure è un uomo che non si arrende, che trova in tutto ciò la forza di andare avanti e di continuare a lottare.
Perché ci crede.
Perché ci crede.
Come mi sono commosso davanti al televisore guardando il programma, allo stesso modo mi sono commosso leggendo questo libro. Mi sono commosso per la storia di Piergiorgio e Mina, per il racconto del terremoto del 6 aprile, che me l'ha fatto rivivere nel cuore e nella mente come se fosse accaduto ieri. Ma mi sono commosso soprattutto perché ho capito che c'è speranza. Perché non ci troviamo in un baratro, ma in un tunnel buio, che ha un'uscita. E perché ci sono ancora tante persone che non si sono sedute, al buio, nel tunnel, a marcire, ma che si muovono alla ricerca dell'uscita, alla ricerca di quello spiraglio di luce che permetterà all'Italia di rimettersi in piedi.
Perché ci sono ancora persone che, come Saviano, ci credono.
Perché ci sono ancora persone che vogliono crederci.
Perché ci sono ancora persone che vogliono crederci.
C’è una frase di Tolstoj molto bella che dice: “Non si può asciugare l’acqua con l’acqua, non si può spegnere il fuoco con il fuoco, quindi non si può combattere il male con il male”. Nel momento in cui ognuno di noi non fa il male, sta facendo arretrare loro e sta forse sognando un’Italia diversa.
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