"Ho sempre capito tutto, meno la morte".
Costantemente ho cercato le tue parole, e le tue pagine, quelle che scrivevi sporcandoti, e immaginando, andando sempre oltre ciò che possedevi. Ho cercato sempre tutto ciò che hai creato, quel mondo magico in cui tutto pare dilatato, in cui gli amori riescono a sbocciare e a resistere, a cadere, a uccidere, dove le solitudini vagano, quelle anime fragili che hanno vissuto con te, amico fragile, e che tu hai reso per sempre immortali. Ti ho sempre ricercato alla luce del giorno, all'aperto, nel tepore del pomeriggio estivo che va morendo, seduto sulle scale; lì aprivo le tue pagine e m'immergevo, mi tuffavo senza esitazioni in quel mondo luminoso che tu solo riuscivi a creare, che tu solo alimentavi sempre con quelle parole, frutto delle magie del Sole. Quando penso a te, Gabo, quando penso alle tue opere, ai personaggi che le affollano, a Macondo, penso alla luce, sempre. E alla serenità e a quell'amore, roccia ferma, forza indomabile, creatrice e distruttrice di ogni cosa, che non riesco a trovare da nessuna altra parte. Le tue opere sono eterne, e tu vivi in esse, eterno, sempre, fin quando ci sarà ancora qualcuno che troverà conforto nell'Amore che hai saputo donare al mondo.
Macondo è un rifugio, Macondo è una terra misteriosa, Macondo è la meraviglia dell'essere soli, ma soprattutto Macondo è la tua Casa. Lì, sempre, riposa.
Lei gli domandò in quei giorni se era vero, come dicevano le canzoni, che l'amore poteva tutto."È vero" le rispose lui, "ma farai bene a non crederci".
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