Il male. Quel male di vivere che è un pugno nello stomaco. Arriva di soppiatto, silenzioso. È lì, dietro di te, ma non te ne accorgi. Eccolo, è pronto a saltare, ad avventarsi contro di te, ma ancora sei con la testa china. E quando ti ha avvolto, è tardi. Sei suo. Si è piantato dentro di te, si è acquattato, comodo, e lentamente i suoi fumi irradiano le tue vene, i suoi fiumi ti invadono, riempiendoti tutto. Quel male di vivere ti ha completamente conquistato e tu non te ne sei neppure accorto. Solo adesso che lo senti bussare alla porta dei tuoi pensieri, mentre lo stomaco rapidamente si annoda, ti rendi conto che è lì, dentro di te, trionfante, ruggente, superbo, e tu non puoi far nulla. Ti lasci andare, alzi la testa, ma senti dolore all'anima. Ti domina, ti sottomette. Prova a reagire. Ci riesci? Dimmi se ci riesci. Perché io non ci riesco. Ci provo ogni singola volta, ma non ce la faccio. Sono suo. Sono suo.
E allora cosa faccio? Sai cosa faccio? Mi abbandono a lui. Completamente. Mi lascio andare, senza opporre resistenze, senza divincolarmi. Mi lascio cullare da quell'abbraccio spinoso. Comincio a sanguinare, ma non reagisco. Sento il mio cuore spaccarsi, ma rimango fermo lì, a guardarlo, mentre cade a pezzi. Sento le mie lacrime prosciugarsi e la mia bocca inaridirsi; le mani tremano, la testa pesa. La pozza di sangue sotto i miei piedi aumenta, si ingrandisce. Ne perdo sempre di più. Piccole gocce iniziali, che poi divengono torrenti, piene, cascate. Fino a quando non finisce. Fino a quando non cado a terra, tramortito, senza più sangue.
Forse lì va via, soddisfatto e tronfio.
O forse no.
E allora cosa faccio? Sai cosa faccio? Mi abbandono a lui. Completamente. Mi lascio andare, senza opporre resistenze, senza divincolarmi. Mi lascio cullare da quell'abbraccio spinoso. Comincio a sanguinare, ma non reagisco. Sento il mio cuore spaccarsi, ma rimango fermo lì, a guardarlo, mentre cade a pezzi. Sento le mie lacrime prosciugarsi e la mia bocca inaridirsi; le mani tremano, la testa pesa. La pozza di sangue sotto i miei piedi aumenta, si ingrandisce. Ne perdo sempre di più. Piccole gocce iniziali, che poi divengono torrenti, piene, cascate. Fino a quando non finisce. Fino a quando non cado a terra, tramortito, senza più sangue.
Forse lì va via, soddisfatto e tronfio.
O forse no.
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