venerdì 31 maggio 2013

Too much I strive, I just ride.

“I was in the winter of my life — and the men I met along the road were my only summer. At night I fell asleep with visions of myself dancing and laughing and crying with them. Three years down the line of being on an endless world tour and my memories of them were the only things that sustained me, and my only real happy times. I was a singer, not a very popular one, who once had dreams of becoming a beautiful poet — but upon an unfortunate series of events, saw those dreams dashed and divided like a million stars in the night sky that I wished on over and over again — sparkling and broken. But I didn’t really mind because I knew that it takes getting everything you ever wanted and then losing it to know what true freedom is.  
When the people I used to kno found out what I had been doing, how I had been living — they asked me why. But there’s no use in talking to people who have a home, they have no idea what it’s like to seek safety in other people, for home to be wherever you lie your head.
I was always an unusual girl, my mother told me I had a chameleon soul. No moral compass pointing due north, no fixed personality. Just an inner indecisiveness that was as wide and as wavering as the ocean. And if I said that I didn’t plan for it to turn out this way, I’d be lying — because I was born to be the other woman. I belonged to no one — who belonged to everyone, who had nothing — who wanted everything with a fire for every experience and an obsession for freedom that terrified me to the point that I couldn’t even talk about — and pushed me to a nomadic point of madness that both dazzled and dizzied me.Every night I used to pray that I’d find my people — and finally I did — on the open road. We had nothing to lose, nothing to gain, nothing we desired anymore — except to make our lives a work of art. 
Live fast. Die young. Be wild. And have fun.I believe in the country America used to be. I believe in the person I want to become. I believe in the freedom of the open road. And my motto is the same as ever — I believe in the kindness of strangers. And when I’m at war with myself — I ride. I just ride. 
Who are you? Are you in touch with all of your darkest fantasies? Have you created a life for yourself where you’re free to experience them?
I have.
I am fucking crazy. But I am free."

(L.D.R.)

domenica 26 maggio 2013

Quant'è meglio il silenzio.

E quanto vivo di secondi perfetti. Attimi insostituibili in cui s'illumina qualcosa che prima era nell'angolo a piangere, e vedo e sento cose belle, e mi acquieto con un misto di amara malinconia e disperato incanto. Vorrei potermi nutrire di questi istanti, tatuarmeli dentro i sensi, cucirli come una membrana intorno al cuore, farmene un involucro con cui aprire le porte del mio silenzio. Ma non durano, non possono, non riescono, e torno a sentire le cose vere, le parole, i gesti, loro, così reali. Così tangibili che fanno male, bruciano la pelle, la marchiano, l'anneriscono.
Ma non m'importa. Io continuo; forse non ho mai smesso.
La tazzina di caffè, il tavolo.



giovedì 16 maggio 2013

You were laughing, sparking like a new dime.

C'è qualcosa, non so, forse un magnete (o una stella?), in queste mani legate, o sensazioni prossime all'abbraccio, parvenze false di pelli mescolate, che mi porta a pensare diversamente, per errore magari, a un domani troppo vicino, a un orizzonte sotto i miei piedi, e mi sento cadere, cedere, cadendo, via, subito, immediato.
Ti tengo.

venerdì 10 maggio 2013

Io non dico niente, io non voglio dire niente, probabilmente so' paranoie mie. Ma se c'ho ragione, se è come dico io, se i miei presentimenti sono giusti, giuro che spacco tutto. Giuro che distruggo tutto, che uccido qualcuno. Non può. Cristo, non può!

lunedì 6 maggio 2013

Sorvolami.

Era una di quelle pioggerelle primaverili leggere, gentili, che cadono lievi, quasi avessero timore a toccare la terra e a inumidirla del loro vivere. Nonostante le nubi, il cielo era luminoso, pacato, poco imponente. L'aria era fresca ma rassicurante, l'acqua lavava via il malumore dalle foglie e dai rami.
Sfioravo, con le mie dita, i confini del suo viso, pungendomi con i peli che crescevano sotto il mento. Lambivo, con i miei polpastrelli, la linea morbida delle sue labbra, arrivando a inarcarmi sulla punta del naso e ricadere sulla gentilezza del marrone dei suoi occhi. I capelli crespi accoglievano il movimento delle dita, conducendole e bagnandole di nero profumo, mentre sentivo le nostre gambe muoversi e unirsi in un legame di concretezza e sensualità. I nostri respiri stanchi e regolari si strofinavano l'un l'altro creando un oceano di dispersione, di ammaliamento, di sguardi lascivi che, dolci, baciavano quel momento di umido silenzio.
«Domani insieme?»
«Domani non c'è. Oggi è infinito.»