Non ne posso più. Sto per urlare. Non riesco a tenere dentro tutto ciò. Devo sfogarmi, aprirmi, spiegarmi, dare voce alle mie emozioni, ai miei sentimenti. Voglio correre sulla linea del tempo e fermarmi lì, e non tornare più indietro.
martedì 27 dicembre 2011
martedì 8 novembre 2011
"Please remember me".
Ho così tanto da dire, e così pochi mezzi per farlo, che talvolta mi chiedo se ciò non dimostri l'impossibilità di poter esprimere tutto quello che si ha dentro, se non rappresenti la chiara ed oggettiva spiegazione alla questione. Qualcosa deve necessariamente rimanere dentro di noi? Qualcosa non può uscire? Perché non può essere spiegata, analizzata, comunicata. Ci sono cose per cui le parole non bastano, i gesti non bastano, gli sguardi non bastano. Non si possono spiegare. Condanna e delizia al contempo.
Ho un oceano dentro, un'immensità di emozioni, un spettro infinito di sfumature, dettagli, pensieri, sensazioni, che vorrei tirare fuori, mettere su carta, guardare, toccare, rigirare fra le mani, capire. Talvolta ho la sensazione di non riuscire a fare tutto ciò che posso fare, o forse che potrei fare. Ho il terrore che non goda appieno delle mie possibilità, come se scegliere fosse una condanna, perché mi porta ad escludere cose che forse avrei voluto fare. Tutto ciò costituisce una definitezza, una chiarezza e una concretezza che odio.
Anche adesso vorrei dire altro, tanto altro, così tanto che è inutile provare.
E un immenso senso di inadeguatezza umana mi prende e m'attanaglia.
Ho un oceano dentro, un'immensità di emozioni, un spettro infinito di sfumature, dettagli, pensieri, sensazioni, che vorrei tirare fuori, mettere su carta, guardare, toccare, rigirare fra le mani, capire. Talvolta ho la sensazione di non riuscire a fare tutto ciò che posso fare, o forse che potrei fare. Ho il terrore che non goda appieno delle mie possibilità, come se scegliere fosse una condanna, perché mi porta ad escludere cose che forse avrei voluto fare. Tutto ciò costituisce una definitezza, una chiarezza e una concretezza che odio.
Anche adesso vorrei dire altro, tanto altro, così tanto che è inutile provare.
E un immenso senso di inadeguatezza umana mi prende e m'attanaglia.
domenica 9 ottobre 2011
Guarda come brillano per te...
Non è la tua pelle che ha il colore delle stelle. Sono le stelle che hanno il colore della tua pelle.
Ti guardo. Mi guardi. Mi volto.
Ti guardo. Mi guardi. Ti volti.
Giochiamo. La partita è rapida, non c'è tempo per pensare. Una visione, un attimo, e lì la folgore. Il tempo passa, le situazioni cambiamo, le certezze mutano, le speranze si trasformano. Mi hai segnato, con quello sguardo. Mi hai penetrato e immobilizzato. E da lì s'è mosso tutto. Da lì è cominciato il gioco.
Poi giù, un incontro, uno scontro, un saluto. Sali, vai via. Dentro di me rimango fermo. Perché? Adesso perché? Ho paura. Tu hai paura? Perché hai paura? Cosa significa questo? Perché dovrebbe essere diverso? Hai paura. Di cosa hai paura?
Non so cosa pensare. Non posso mettere da parte ciò che mi hai fatto provare, così velocemente, così, da un momento all'altro. Ma tu no, tu non ci stai. Temi che sarebbe troppo difficile. Temi che ci sarebbero barriere troppo alte, troppo grandi da scavalcare. Ma non si diceva, una volta, che l'amore può tutto? Forse non ci credi più. O forse non credi che questo sia amore. Allora cos'è?
O forse mi disprezzi. Forse hai capito, e allora mi disprezzi. Forse sei tu che fai parte di quelle barriere, forse sei tu che contribuisci ad erigerle. Allora no. Allora mi tirirei indietro io, se fosse così. Ma no, no. Non ci credo. Non è possibile. Non tu. Perché?
Che debba andare così? Non lo so. Quello che provo per te non posso accantornarlo, non così facilmente. Il tempo guarirà le ferite. Forse.
Non è la tua pelle che ha il colore delle stelle. Sono le stelle che hanno il colore della tua pelle.
È vero. Guarda come brillano per te... E tutte le cose che fai...
Ti guardo. Mi guardi. Mi volto.
Ti guardo. Mi guardi. Ti volti.
Giochiamo. La partita è rapida, non c'è tempo per pensare. Una visione, un attimo, e lì la folgore. Il tempo passa, le situazioni cambiamo, le certezze mutano, le speranze si trasformano. Mi hai segnato, con quello sguardo. Mi hai penetrato e immobilizzato. E da lì s'è mosso tutto. Da lì è cominciato il gioco.
Poi giù, un incontro, uno scontro, un saluto. Sali, vai via. Dentro di me rimango fermo. Perché? Adesso perché? Ho paura. Tu hai paura? Perché hai paura? Cosa significa questo? Perché dovrebbe essere diverso? Hai paura. Di cosa hai paura?
Non so cosa pensare. Non posso mettere da parte ciò che mi hai fatto provare, così velocemente, così, da un momento all'altro. Ma tu no, tu non ci stai. Temi che sarebbe troppo difficile. Temi che ci sarebbero barriere troppo alte, troppo grandi da scavalcare. Ma non si diceva, una volta, che l'amore può tutto? Forse non ci credi più. O forse non credi che questo sia amore. Allora cos'è?
O forse mi disprezzi. Forse hai capito, e allora mi disprezzi. Forse sei tu che fai parte di quelle barriere, forse sei tu che contribuisci ad erigerle. Allora no. Allora mi tirirei indietro io, se fosse così. Ma no, no. Non ci credo. Non è possibile. Non tu. Perché?
Che debba andare così? Non lo so. Quello che provo per te non posso accantornarlo, non così facilmente. Il tempo guarirà le ferite. Forse.
Non è la tua pelle che ha il colore delle stelle. Sono le stelle che hanno il colore della tua pelle.
È vero. Guarda come brillano per te... E tutte le cose che fai...
sabato 1 ottobre 2011
Now, forever.
Il vento libero soffiava. Il mare calmo e silenzioso mi osservava. Il cielo sopra di me mi cingeva.
Alzo le braccia e tutta quella natura, tutto quel sogno che è divenuto realtà mi entra dentro, velocemente ma senza sforzi, in maniera totalmente liquida e sciolta.
Riuscivo a sentire tutto quello che sempre avevo desiderato. Sentivo dentro di me rompersi un lucchetto e un ampio respiro, di libertà, inebriarmi tutto.
Ero dove sarei sempre dovuto essere, dove sempre sarò, d'ora in avanti.
Ero libero.
Alzo le braccia e tutta quella natura, tutto quel sogno che è divenuto realtà mi entra dentro, velocemente ma senza sforzi, in maniera totalmente liquida e sciolta.
Riuscivo a sentire tutto quello che sempre avevo desiderato. Sentivo dentro di me rompersi un lucchetto e un ampio respiro, di libertà, inebriarmi tutto.
Ero dove sarei sempre dovuto essere, dove sempre sarò, d'ora in avanti.
Ero libero.
Saoirse.
venerdì 30 settembre 2011
I had to find you, tell you I need you...
Nobody said it was easy...
Oh, it's such a shame for us to part...
Oh, it's such a shame for us to part...
Nobody said it was easy...
No one ever said it would be so hard...
I'm going back to the start.
martedì 13 settembre 2011
"Crema, un po' di cioccolato... più crema però".
Un giorno perfetto. Uno spettro di emozioni immenso.
Una felicità immane. Un dolore gigantesco. Un sentiero, una via che li unisce, li esplora. Il facile, facilissimo, tramutamento in tragedia. Un attimo, quell'attimo, quel momento in cui il giorno diviene notte, la notte diviene giorno, il sole si macchia di sangue, e quel sentiero vola via.
Ci rendiamo mai conto di tutte le emozioni che possiamo provare? Realizziamo mai quanto possa essere forte quella sensazione allo stomaco, così forte da bloccarci, annullarci il pensiero, buttarci a terra? Lo capiamo? Lo capiremo mai? Comprenderemo mai l'enorme spettro di emozioni che possiamo provare? Così tante emozioni, emozioni così forti... che non le reggiamo. A volte riescono ad essere più forti, e a batterci.
L'incoscienza con cui viviamo ogni giorno e quell'angolo in cui gireremo che ci butterà a terra.
Allora, sarà un giorno perfetto.
Una felicità immane. Un dolore gigantesco. Un sentiero, una via che li unisce, li esplora. Il facile, facilissimo, tramutamento in tragedia. Un attimo, quell'attimo, quel momento in cui il giorno diviene notte, la notte diviene giorno, il sole si macchia di sangue, e quel sentiero vola via.
Ci rendiamo mai conto di tutte le emozioni che possiamo provare? Realizziamo mai quanto possa essere forte quella sensazione allo stomaco, così forte da bloccarci, annullarci il pensiero, buttarci a terra? Lo capiamo? Lo capiremo mai? Comprenderemo mai l'enorme spettro di emozioni che possiamo provare? Così tante emozioni, emozioni così forti... che non le reggiamo. A volte riescono ad essere più forti, e a batterci.
L'incoscienza con cui viviamo ogni giorno e quell'angolo in cui gireremo che ci butterà a terra.
Allora, sarà un giorno perfetto.
venerdì 26 agosto 2011
Ogni lacrima è una cascata.
Non mi va di andare incontro, di nuovo, a delusioni di questo genere. A questi timori, a queste ansie, che mi prendono lo stomaco, lo annodano, che mi oscurano gli occhi e mi rubano il sorriso. Possibile che la storia debba ripetersi? Possibile che queste paure abbiano un fondamento?
Le certezze più solide, quando cominciano a crepare, a incrinarsi, graffiano il cuore. È uno splendido castello che viene minato alle fondamenta, iniziando a traballare, riducendo la sua sicurezza. Non posso fuggire dal castello. Devo riparare quelle crepature, ma da solo non ce la faccio. Voglio chiedere aiuto, ma lo posso domandare solo a chi a quelle crepature ha dato un motivo d'esistenza. Sono in un vortice, allora?
Dove andrò, che farò, con chi parlerò? Quelle crepe m'intimoriscono, sono preso dall'ansia.
Quando il riparo contro il mondo comincia a crollare...
Terra, vuoto di pensieri, incoscienza. Gioia.
Mi manchi.
Le certezze più solide, quando cominciano a crepare, a incrinarsi, graffiano il cuore. È uno splendido castello che viene minato alle fondamenta, iniziando a traballare, riducendo la sua sicurezza. Non posso fuggire dal castello. Devo riparare quelle crepature, ma da solo non ce la faccio. Voglio chiedere aiuto, ma lo posso domandare solo a chi a quelle crepature ha dato un motivo d'esistenza. Sono in un vortice, allora?
Dove andrò, che farò, con chi parlerò? Quelle crepe m'intimoriscono, sono preso dall'ansia.
Quando il riparo contro il mondo comincia a crollare...
Terra, vuoto di pensieri, incoscienza. Gioia.
Mi manchi.
lunedì 8 agosto 2011
L'acqua scopre il cuore nascosto.
A moment lost, forever gone.
Vivere la pesantezza di ogni attimo. Sentire, sulla pelle, sulle spalle, sul cuore, la gravità delle proprie paure, l'ansia dei propri timori, che aggrediscono e derubano l'anima di ogni sorriso. Timori che vedranno la luce? Paure che non saranno più oggetto di dubbi? Il tempo non passa mai, eppure passa. Ma la paura è al di fuori del tempo. E se si addormenta per un poco, può poi risorgere, più forte. E divorare la gioia che il cuore aveva partorito, speranzoso di aver seppellito per sempre l'ansia, e la paura, e il timore. Che tornano pesanti, gravi, mostruosi.
E se si ammazzasse il tempo? Se lo si prendesse per i capelli e gli si conficcasse un coltello nel cuore, lì, al centro, scamperemmo? O in quel momento tutte le paure confluirebbero in una sola, gigantesca, che definitivamente ci schianterebbe a terra?
Laviamo l'anima, laviamo il cuore. Affidiamoci al Sole che sorge e tramonta.
L'acqua scopre il cuore nascosto. E siamo salvi.
Vivere la pesantezza di ogni attimo. Sentire, sulla pelle, sulle spalle, sul cuore, la gravità delle proprie paure, l'ansia dei propri timori, che aggrediscono e derubano l'anima di ogni sorriso. Timori che vedranno la luce? Paure che non saranno più oggetto di dubbi? Il tempo non passa mai, eppure passa. Ma la paura è al di fuori del tempo. E se si addormenta per un poco, può poi risorgere, più forte. E divorare la gioia che il cuore aveva partorito, speranzoso di aver seppellito per sempre l'ansia, e la paura, e il timore. Che tornano pesanti, gravi, mostruosi.
E se si ammazzasse il tempo? Se lo si prendesse per i capelli e gli si conficcasse un coltello nel cuore, lì, al centro, scamperemmo? O in quel momento tutte le paure confluirebbero in una sola, gigantesca, che definitivamente ci schianterebbe a terra?
Laviamo l'anima, laviamo il cuore. Affidiamoci al Sole che sorge e tramonta.
L'acqua scopre il cuore nascosto. E siamo salvi.
mercoledì 6 luglio 2011
Alina!
Alina. È un messaggio nella notte. Per Alina. Oh, Alina!
È come un paradiso sotto i piedi, Alina. Una luce che irrompe e che irradia tutto, ma è statica, è morente. È superficiale ma non la tocchi. La fragile bellezza di un cuore mortale. Ma noi siamo ciechi. Per Alina.
È una statua, Alina. Una statua sporca, con la testa china, di donna, che silenziosa soffre, ma il suo viso non trasmette dolore. È un angelo che muore. Un angelo di dolore che piange ma non lacrima, e le sue ali si addormentano sulla sua tomba fatta di vuoto.
Alina è un messaggio nella notte, un albero prossimo alla morte in un immenso prato ricoperto di fredda neve. Alina è la notte, è il rumore delle automobili che corrono lungo le strade alle luci pigre dei lampioni, è un silenzio così rumoroso e invadente che non riesci a pensare.
Alina è il crepuscolo di un giorno, la fine di qualcosa... e la contemplazione di essa. Alina è un passo soffice nel buio, al rumore di una luce dorata immobile e stanca, che non parla, non dice.
Alina è dolore. Alina è infinito. Alina è guardare uno specchio nello specchio. Alina è un messaggio nella notte, sulla strada, in alto, fra la solitudine e il silenzio.
Alina è lontananza che si avvicina, è qualcosa che stai per prendere, ma che mai raggiungerai. Alina è una nota silenziosa in un immane baccano.
È come un paradiso sotto i piedi, Alina. Una luce che irrompe e che irradia tutto, ma è statica, è morente. È superficiale ma non la tocchi. La fragile bellezza di un cuore mortale. Ma noi siamo ciechi. Per Alina.
È una statua, Alina. Una statua sporca, con la testa china, di donna, che silenziosa soffre, ma il suo viso non trasmette dolore. È un angelo che muore. Un angelo di dolore che piange ma non lacrima, e le sue ali si addormentano sulla sua tomba fatta di vuoto.
Alina è un messaggio nella notte, un albero prossimo alla morte in un immenso prato ricoperto di fredda neve. Alina è la notte, è il rumore delle automobili che corrono lungo le strade alle luci pigre dei lampioni, è un silenzio così rumoroso e invadente che non riesci a pensare.
Alina è il crepuscolo di un giorno, la fine di qualcosa... e la contemplazione di essa. Alina è un passo soffice nel buio, al rumore di una luce dorata immobile e stanca, che non parla, non dice.
Alina è dolore. Alina è infinito. Alina è guardare uno specchio nello specchio. Alina è un messaggio nella notte, sulla strada, in alto, fra la solitudine e il silenzio.
Alina è lontananza che si avvicina, è qualcosa che stai per prendere, ma che mai raggiungerai. Alina è una nota silenziosa in un immane baccano.
sabato 2 luglio 2011
Ne pleure pas, personne n'est là.
I feel like I'm closed inside a cage. Can't get out, can't breath. Is there anyone? Anyone, please? I see thousands of shadows around me. I cannot think clearly, everything's spinning, nothing's definite. I wanna cry, I'm gonna cry. It's so dark. I need someone here.
I'm about to fall. I need someone taking my hand.
I'm about to fall.
I'm falling.
I'm about to fall. I need someone taking my hand.
I'm about to fall.
I'm falling.
domenica 26 giugno 2011
When friends rejoice both far and near, how can I keep from singing?
A.
Nicolò mi chiamò martedì pomeriggio. Quando vidi il suo nome apparire sullo schermo del cellulare mi stupii, ma risposi subito. Fu una chiacchierata rapida in cui mi spiegò ciò che mio padre mi aveva già accennato, con mezze parole. Era da poco che Nicolò tornava a casa nei weekend, dopo intere settimane trascorse al centro di disintossicazione. Tutto procedeva al meglio, c'era la volontà e c'erano i risultati. C'era anche il dolore, ma Nicolò cercava di combatterlo in tutti i modi, e non era solo. L'aiuto di cui aveva bisogno era ancora tanto, ed ora stava chiamando me poiché aveva bisogno anche del mio. Perché potesse tornare del tutto alla sua vita di sempre, i passi da fare erano piccoli, le gocce andavano prese poche alla volta. Era arrivato ad un punto in cui il centro gli permetteva il reinserimento sociale, con l'aiuto della famiglia e di persone fidate. E qui entro in gioco io, con i miei amici. Nicolò sa che siamo gente apposto, gente tranquilla, gentile e affidabile. Mi ha un po' sorpreso che abbia pensato a noi, ma non per questo non mi ha fatto piacere. Anzi, tutto il contrario. Lo conoscevo da sempre, sapevo ciò che aveva passato e ciò che stava tuttora passando, e volevo aiutarlo, con tutto il cuore. Ci accordammo per passare insieme la giornata di sabato, mattina, pomeriggio e sera, definendo orari e luoghi e compagnia precisi. Chiusi la chiamata sovrappensiero per la grande responsabilità che mi ero preso, ma contento di fare qualcosa col cuore, per un amico. Un gesto di disponibilità e affetto totalmente disinteressato.
E.
Arrivai al bar che erano quasi le 18. C'erano quasi tutti, con quel Nicolò di cui A. ci aveva parlato. Ci aveva riuniti una sera per informarci della situazione, parlando chiaramente di ciò che era successo, della caduta di Nicolò nella droga pesante, del suo baratro e del suo attuale tentativo di recupero e di ritorno alla vita. Non di certo mi fece piacere sentire tutto ciò, e nonostante non lo conoscessi se non di vista, personalmente acconsentii subito ad accoglierlo con noi. Era una persona che aveva bisogno di aiuto, una brava persona che aveva commesso un errore, ma che ora stava facendo di tutto per ripararlo. Necessitava semplicemente di qualcuno che lo accompagnasse in questo. A. ci teneva tanto e nessuno di noi si oppose.
Fu così che stemmo insieme quel pomeriggio e poi anche la sera. Passeggiammo lungo le vie del paese, ci sedemmo a chiacchierare lungo i muretti e imparammo anche a conoscerci. Nicolò non era un tipo estroverso, ma bastava dargli una piccola "spinta" e il ghiaccio era rotto. Si trovava a suo agio e ciò mi recava sollievo. Lui mi piaceva. Non so perché, ma era come se mi ci sentissi in sintonia. Provavo a immaginare ciò che aveva passato, ciò che stava passando, lui, ma anche la sua famiglia e tutti i suoi cari. Mentre camminavamo tanta gente che lo vedeva gli veniva incontro a salutarlo con gioia e con tanti sorrisi. Non potevo capire ciò che provava Nicolò, ma potevo capire ciò che provava quella gente, perché lo provavo anch'io, nonostante fosse la prima volta che ci parlassi e che ci uscissi insieme. Sentivo, percepivo la sua richiesta d'aiuto, e volevo fare tutto per dargliela.
L.
Stavamo passeggiando lungo il corso. Io e mio marito eravamo pensierosi, ma non preoccupati. Conoscevamo A. e la sua famiglia da tanto e sapevamo che i suoi amici erano persone apposto, senza grilli per la testa. Eravamo contenti che Nicolò avesse scelto loro. Li vedemmo la sera fra la gente e la musica, seduti su un muretto, a chiacchierare e scherzare. Ci avvicinammo per salutarli. Mio marito si mise subito a scherzare con Nicolò e A.; io sorridevo, ero sollevata. Quei ragazzi erano così belli, così sinceri. Probabilmente non avrebbero mai avuto il problema che ha avuto Nicolò. Sapevo che erano le persone migliori con cui Nicolò potesse uscire, al momento. Lui, Nicolò, mi sorrise. «Ciao, ma'» mi disse, allegro e malinconico al contempo. Ma la lucentezza che aveva negli occhi quando lo disse... non gliela vedevo da fin troppo tempo. Troppo tempo passato a piangere, a urlare, a cercare di uscire dall'incubo. Troppo tempo rinchiusi nel nostro dolore, troppo tempo abbracciati io e mio marito guardando il letto di Nicolò vuoto, la casa vuota, il silenzio. Dopo tanto finalmente avevamo tutti ripreso a sorridere e a sperare. La luce alla fine del tunnel si vedeva e s'ingigantiva sempre di più.
«Ciao, tesoro mio.»
N.
Ora sì, che mi sentivo di nuovo libero.
Ora sì, che respiravo.
Ora sì, che vivevo.
E non sopravvivevo più.
venerdì 24 giugno 2011
Why do all good things come to an end?
Dalle fiamme alla polvere.
L'automobile correva. La strada scivolava via sotto i pneumatici. Il paesaggio scorreva rapido. Le luci svanivano, ricomparivano, si scioglievano, esplodevano. L'aria entrava nell'abitacolo da migliaia di porte e finestre, e buchi e occhi, e scorciatoie e trappole.
Insieme, in contatto, lì. Con un muro che divideva. Uguali pensieri che non si ritrovavano, sperduti. Ma lì, erano lì. Eppure.
Abbaiando alla luna.
L'automobile correva. La strada scivolava via sotto i pneumatici. Il paesaggio scorreva rapido. Le luci svanivano, ricomparivano, si scioglievano, esplodevano. L'aria entrava nell'abitacolo da migliaia di porte e finestre, e buchi e occhi, e scorciatoie e trappole.
Insieme, in contatto, lì. Con un muro che divideva. Uguali pensieri che non si ritrovavano, sperduti. Ma lì, erano lì. Eppure.
Abbaiando alla luna.
lunedì 13 giugno 2011
L'Italia s'è desta!
Oggi, lunedì 13 giugno 2011, lo si può dire, lo si può urlare ad alta voce: l'Italia e gli Italiani si sono svegliati. I quattro referendum abrogativi cui gli Italiani sono stati chiamati a votare nella giornata di ieri e nella giornata di oggi hanno raggiunto e magnificamente superato la percentuale minima di validità, il quorum del 50%+1. Sono così state abrogate la legge sui servizi pubblici locali, la legge sulla tariffa del servizio idrico, la legge sull'energia nucleare, la legge sul legittimo impedimento (che tanto legittimo non è). Ciò si traduce in acqua pubblica, in rifiuto dell'energia nucleare e in legge uguale per tutti. Oggi è un giorno importante, perché si è scritta una splendida pagina della nostra Democrazia. Andando a votare oltre la metà più 1 degli aventi diritto e avendo assentito all'abrogazione delle suddette norme, con percentuali superiori al 90% per tutti e quattro i quesiti, gli Italiani si sono svegliati dal loro torpore. Hanno capito che il Paese non va più, che è fermo, anzi, va, ma va indietro. Per colpa di un Governo egoista e malformato, sudicio, bugiardo. Un Governo impegnato a fare leggi per salvare il culo al proprio Primo Ministro, ad additare come metastasi del Paese magistrati impegnati sul fronte della lotta alla mafia, a dare del comunista a chiunque a lui si opponga. Quando l'Italia è in ginocchio, bombardata dalla crisi finanziaria, dalla disoccupazione giovanile (e non), dalla corruzione, dalla criminalità organizzata. In questo frangente, il Governo si preoccupa di abbreviare la prescrizione giudiziaria col fine esclusivo di permettere al Berlusca di salvarsi dai suoi processi, si preoccupa di proporre leggi che vadano a modificare la Costituzione per evidenziare l'inesistente superiorità del Parlamento su qualsiasi altra istituzione pubblica del Paese.
Agli Italiani ciò non va più. Non gli scende. E hanno deciso di alzarsi e dire basta. Hanno deciso di cambiare rotta. Perché se c'è qualcuno che può farlo, quel qualcuno siamo Noi. Noi, popolo. Noi, démos. Noi, democrazia. Noi abbiamo fottuto Berlusconi alle amministrative di Milano, Napoli, Bologna, Torino, Cagliari, e noi gli abbiamo detto "Sì, vogliamo abrogarti". Per ben quattro volte. Pesa la sconfitta, pesa tanto. È così che si vince: interessandosi, cercando, informandosi, capendo. E votando. Un diritto che ci permette di tutelarci e di farci del bene. Per noi e per i nostri figli.
Gli Italiani si sono svegliati e non intendono riassopirsi. Quelli lassù hanno messo in ginocchio il nostro Paese: noi lo faremo rialzare.
Errata corrige: lo stiamo già facendo.
Agli Italiani ciò non va più. Non gli scende. E hanno deciso di alzarsi e dire basta. Hanno deciso di cambiare rotta. Perché se c'è qualcuno che può farlo, quel qualcuno siamo Noi. Noi, popolo. Noi, démos. Noi, democrazia. Noi abbiamo fottuto Berlusconi alle amministrative di Milano, Napoli, Bologna, Torino, Cagliari, e noi gli abbiamo detto "Sì, vogliamo abrogarti". Per ben quattro volte. Pesa la sconfitta, pesa tanto. È così che si vince: interessandosi, cercando, informandosi, capendo. E votando. Un diritto che ci permette di tutelarci e di farci del bene. Per noi e per i nostri figli.
Gli Italiani si sono svegliati e non intendono riassopirsi. Quelli lassù hanno messo in ginocchio il nostro Paese: noi lo faremo rialzare.
Errata corrige: lo stiamo già facendo.
lunedì 30 maggio 2011
You cannot find peace by avoiding life, Leonard.
Un fiume che scorre impetuoso...
Una musica che risuona nelle orecchie...
Parole che cantano al cuore...
E poi l'acqua si muove e va giù e scorre all'infinito verso il vuoto...
E tutto... tutto... per riempire i colmi di vuoto che abbiamo dentro...
Una musica che risuona nelle orecchie...
Parole che cantano al cuore...
E poi l'acqua si muove e va giù e scorre all'infinito verso il vuoto...
E tutto... tutto... per riempire i colmi di vuoto che abbiamo dentro...
« Signora Dalloway, dai sempre feste, per coprire il silenzio. »
~ T. H.
martedì 24 maggio 2011
Come un bel sogno inutile che si scorda al mattino.
Era passata da poco la metà della notte. Le vie della città erano deserte, eccetto qualche coppia di amanti o amici che passeggiavano chiacchierando allegramente.
Noi eravamo lì, dentro l'auto, a partorire incomprensioni.
La pioggia incominciò a venir giù. Lentamente, le gocce sfioravano i vetri e ivi morivano. Poi iniziarono a precipitare con forza, con più forza, numerose. Prepotenti venivano giù e bagnavano ogni cosa. I vetri presero a inzupparsi, a infradiciarsi d'acqua e lacrime. Il ticchettio era forte, rumoroso; inondava tutti i silenzi, che indifesi morivano sotto quelle nubi.
Dall'abitacolo vedevamo le luci delle vie dilatarsi, deformarsi, inumidirsi. Vedevamo le luci arancioni delle vie sbiadire verso un giallo tenue, creparsi, piangere. Il mondo intorno a noi andava sgretolandosi, cadeva a pezzi lanciando grida di dolore e di supplica. Quella pioggia di acqua e lacrime e paure scrosciava senza interruzioni.
E noi eravamo lì, a partorire incomprensioni.
Noi eravamo lì, dentro l'auto, a partorire incomprensioni.
La pioggia incominciò a venir giù. Lentamente, le gocce sfioravano i vetri e ivi morivano. Poi iniziarono a precipitare con forza, con più forza, numerose. Prepotenti venivano giù e bagnavano ogni cosa. I vetri presero a inzupparsi, a infradiciarsi d'acqua e lacrime. Il ticchettio era forte, rumoroso; inondava tutti i silenzi, che indifesi morivano sotto quelle nubi.
Dall'abitacolo vedevamo le luci delle vie dilatarsi, deformarsi, inumidirsi. Vedevamo le luci arancioni delle vie sbiadire verso un giallo tenue, creparsi, piangere. Il mondo intorno a noi andava sgretolandosi, cadeva a pezzi lanciando grida di dolore e di supplica. Quella pioggia di acqua e lacrime e paure scrosciava senza interruzioni.
E noi eravamo lì, a partorire incomprensioni.
giovedì 19 maggio 2011
149
La sala era diventata ormai molto calda, l'inaugurazione era cominciata da tempo. Rimanevano poche persone sedute ai tavoli, a prendere in compagnia una birra, a fare due chiacchiere. La musica era ad alto volume, molta gente continuava a ballare, allegra, un passo dopo l'altro, nella luce arancio dei lampadari.
Loro due erano in piedi dietro la cassa, che guardavano gli altri ballare. Lui aveva indosso una camicia blu scuro e un paio di pantaloni neri, roba leggera, vista la temperatura che s'era alzata negli ultimi giorni. Lei era graziosissima nel suo vestito acqua e sapone, anch'esso blu, leggero, senza pretese. Uno affianco all'altra, guardavano gli altri ballare, tenendosi per mano.
«Non credevo ti saresti mai messa questo bracciale» le disse sorridendo.
«Tutto può succedere» rispose lei con uno sguardo malizioso. «E poi non ho mai detto che non mi piaceva».
«Come per la giacca... Usi sempre le stesse frasi di circostanza» disse lui, dandole un bacio vicino l'orecchio. Lei sorrise.
«Mi piace guardare questa gente che balla. C'è qualcosa di particolare, in loro, un'energia che li muove e che li rende inconsapevoli dei movimenti che fanno. Come se fosse involontario. Lo fanno, basta, senza un vero perché. Ballano per ballare».
Alle parole di lei lui ripose lo sguardo su quei corpi che si muovevano fluidamente in mezzo alla sala.
«La danza è un'arte particolare» rispose. «Include tutto il corpo, ogni singola membrana, prende cuore, mente, gambe, polmoni. È un mostro che ti cattura, che ti ingoia, ma è piacevole. Ci sei dentro e non te ne rendi conto. Senti i brividi che ti percorrono la schiena, gli occhi ti si illuminano, e inizi a muoverti inconsciamente, e balli, balli, balli...»
«Balli, balli, balli...» rispose lei.
E poi, senza guardarsi, senza dirsi alcunché, ancora mano nella mano, si spostarono dalla cassa, si posizionarono al centro della sala, uniti, insieme, e iniziarono a ballare. Quell'energia li aveva presi, li possedeva. E loro ballavano, sentendosi vivi, senza un vero perché. Ballavano per ballare. Loro ballavano, e ballavano, e ballavano...
Loro due erano in piedi dietro la cassa, che guardavano gli altri ballare. Lui aveva indosso una camicia blu scuro e un paio di pantaloni neri, roba leggera, vista la temperatura che s'era alzata negli ultimi giorni. Lei era graziosissima nel suo vestito acqua e sapone, anch'esso blu, leggero, senza pretese. Uno affianco all'altra, guardavano gli altri ballare, tenendosi per mano.
«Non credevo ti saresti mai messa questo bracciale» le disse sorridendo.
«Tutto può succedere» rispose lei con uno sguardo malizioso. «E poi non ho mai detto che non mi piaceva».
«Come per la giacca... Usi sempre le stesse frasi di circostanza» disse lui, dandole un bacio vicino l'orecchio. Lei sorrise.
«Mi piace guardare questa gente che balla. C'è qualcosa di particolare, in loro, un'energia che li muove e che li rende inconsapevoli dei movimenti che fanno. Come se fosse involontario. Lo fanno, basta, senza un vero perché. Ballano per ballare».
Alle parole di lei lui ripose lo sguardo su quei corpi che si muovevano fluidamente in mezzo alla sala.
«La danza è un'arte particolare» rispose. «Include tutto il corpo, ogni singola membrana, prende cuore, mente, gambe, polmoni. È un mostro che ti cattura, che ti ingoia, ma è piacevole. Ci sei dentro e non te ne rendi conto. Senti i brividi che ti percorrono la schiena, gli occhi ti si illuminano, e inizi a muoverti inconsciamente, e balli, balli, balli...»
«Balli, balli, balli...» rispose lei.
E poi, senza guardarsi, senza dirsi alcunché, ancora mano nella mano, si spostarono dalla cassa, si posizionarono al centro della sala, uniti, insieme, e iniziarono a ballare. Quell'energia li aveva presi, li possedeva. E loro ballavano, sentendosi vivi, senza un vero perché. Ballavano per ballare. Loro ballavano, e ballavano, e ballavano...
mercoledì 18 maggio 2011
Incantevole.
Chi ci ricorderà
Chi ti farà ridere
Chi ti farà ridere
Per chi ti smarrirai
Chi userà lo sguardo tuo
Chi lo fa al posto mio
Io dove sarò
Tu sei la verità, non io.Tu sei la verità, non io.
Tu sei la verità, non io.
Chi indosserà il cappello?
Lo spettacolo della medicina.
Mancano vent'anni.
La migliore delle partenze, il cuore spezzato, la pietra.
Mancano vent'anni.
Un'era dorata che conosco.
Ma tutto passerà, finirà troppo velocemente, lo sai.
Mancano vent'anni.
Tu sei la verità, non io.
Tu sei la verità, non io.
Tu sei la verità, non io.
Chissà chi pungerai
Chi ti farà piangere
Chi ti addormenterà
Chi userà lo sguardo tuo
Chi lo fa al posto mio
Io dove sarò
domenica 15 maggio 2011
A tear is in my mind.
È notte. Un cane abbaia. Un qualcosa di morbido fruscia silenziosamente fra l'erba alta. Un'automobile corre in lontananza lungo le vie luminose.
Su, in alto, la luna. Lucente, splendente, fatta di latte e sole. Sentenzia sulla notte, ammaestra le stelle, getta come una polvere la sua luce sulle colline e sulle terre e sulle cime delle montagne. Le montagne, che si ergono a baluardi, a guardie della notte, che segnano il confine fra la realtà e il sogno, fra la vita e la morte, fra il conosciuto e l'ignoto. Le montagne, che prepotenti, lì, ferme, immobili, silenziose, intransigenti.
Cosa c'è di là dalle montagne? Cosa vede il tuo occhio? E il tuo cuore? E quella lacrima nella tua mente, cosa vede lei?
Luci morenti attorno, il silenzio e la lucentezza di una notte che sfuma via, sulle note malinconiche di passi che stanchi girano l'angolo... e svaniscono.
Looking in the eye of a devil's well.
Su, in alto, la luna. Lucente, splendente, fatta di latte e sole. Sentenzia sulla notte, ammaestra le stelle, getta come una polvere la sua luce sulle colline e sulle terre e sulle cime delle montagne. Le montagne, che si ergono a baluardi, a guardie della notte, che segnano il confine fra la realtà e il sogno, fra la vita e la morte, fra il conosciuto e l'ignoto. Le montagne, che prepotenti, lì, ferme, immobili, silenziose, intransigenti.
Cosa c'è di là dalle montagne? Cosa vede il tuo occhio? E il tuo cuore? E quella lacrima nella tua mente, cosa vede lei?
Luci morenti attorno, il silenzio e la lucentezza di una notte che sfuma via, sulle note malinconiche di passi che stanchi girano l'angolo... e svaniscono.
Looking in the eye of a devil's well.
venerdì 6 maggio 2011
Scapole alate.
Sometimes I find myself thinking of how it feels. How it feels not to think about it.
How it feels not having that thought still on your mind all the time.
How it feels not having something that destroys your smile when it's just appearing upon your face.
I'd like to know how it feels, just for one day.
Will I ever be able to know that?
domenica 17 aprile 2011
Referendum del 12 e 13 giugno 2011
So che questo è un intervento diverso dai miei soliti, ma non posso più rimanere con le mani in mano guardando lo schifo che mi gira attorno; schifo che si traduce in disinformazione e soprattutto disinteresse.
Il 12 e il 13 giugno prossimi ci sarà in Italia un referendum abrogativo. Vi dirò tutto ciò che c'è da sapere, in quanto il Governo non lo sta pubblicizzando giacché spera che non si raggiunga il quorum del 50%+1 e l'abrograzione pertanto non avvenga.
In questo referendum ci verranno posti quattro quesiti che rimandano all'abrograzione di tre norme giudiriche: il legittimo impedimento, il decreto Ronchi (= privatizzazione dell'acqua) e il ritorno al nucleare. Cercherò di spiegarli uno per uno nel modo più chiaro possibile.
Per definizione, il legittimo impedimento è l'istituto che permette all'imputato, in alcuni casi, di giustificare la propria assenza in aula. Nel caso che ci interessa, l'imputato è Berlusconi, il quale, prima col Lodo Alfano, ora col legittimo impedimento, sta cercando in tutti i modi di sfuggire ai processi in cui è coinvolto (uno, il processo Mills, è già andato a puttane perché il ddl del processo breve fra non molto sarà legge e a maggio scatterà la prescrizione, ovvero il processo verrà cancellato senza che sia emessa alcuna sentenza). Quindi, se tale legittimo impedimento venisse approvato, Berlusconi potrebbe non presenziare ai processi in cui è imputato con la scusante di "impegni istituzionali" e cazzate varie. Detto in forma semplificata, Berlusconi si sottrarrebbe alla giustizia e verrebbe meno il principio sacrosanto dell'uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge.
Il decreto Ronchi afferma quanto segue: «In ambito di servizi idrici, il decreto recepisce i principi comunitari di "economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento" per l'affidamento ai privati dei servizi pubblici locali o la scelta del partner privato nelle aziende miste. Il decreto stabilisce inoltre che nelle società già quotate in borsa che si occupano della gestione di servizi idrici la quota di capitale in mano pubblica non sia superiore al 30%, lasciando la maggioranza ai privati.» (fonte: Wikipedia)
Questo significa che l'acqua non sarà più un bene pubblico, ossia gestito dallo Stato e garantito a tutti i cittadini in forme e modalità uguali, tenendo anche conto del reddito disponibile degli stessi, ma sarà un bene privato, cioè gestito da imprenditori e aziende che su tale bene e sul bisogno di esso faranno il possibile per guadagnarci. Essi quindi approfitteranno della nostra sete per ottenere un alto profitto. Morale: i costi dell'acqua s'innalzeranno a livelli stratosferici.
Il ritorno al nucleare consiste nel tornare ad utilizzare l'energia nucleare, abbracciando tutti i rischi che quest'ultima porta con sé (il Giappone è un esempio fin troppo esplicativo). Rischi che in Italia sono ben maggiori perché:
1) l'Italia, come il Giappone, è un paese ad alto rischio sismico;
2) in Italia la mafia ha un grandissimo raggio d'azione nell'edilizia. Pensate che la mafia non riuscirà ad ottenere gli appalti per la costruzione delle centrali nucleari? E pensate che la mafia farà tutto in regola, rispetterà tutte le norme di sicurezza (che sono tantissime) e, per dirne una, non utilizzerà calce invece di cemento per risparmiare?
Ora, delle considerazioni personali.
Se una persona è contraria all'abrograzione di queste norme, ok, non va a votare o va e vota "no". Ci può stare, differenti posizioni di pensiero.
Ma se una persona è disinformata o, peggio ancora, non gliene frega nulla, perché pensa che "non la riguardi" o che "non è affar suo" e simili, allora non ci siamo. Questo referendum come tutti i referendum è fatto per i cittadini, per il loro bene, per la loro tutela. Essi sono chiamati a votare, ad esprimere il loro parere, a usufruire del loro potere di popolo! Sono chiamati a votare affinché questa democrazia non sia una democrazia solo di nome, ma soprattutto di fatto! Che senso ha una Repubblica, che ha le sue radici nella volontà popolare, in cui il popolo è disinteressato alla stessa? È un controsenso. Non si possono ignorare questi avvenimenti, non se ne può rimanere fuori, perché sono fatti per noi. Se non ce ne interessiamo noi, chi lo farà? Se non ci interessa il nostro benessere, la nostra tutela, cos'altro ci può interessare? Tantissime vite sono perite affinché noi, generazioni future, avessimo questo diritto. E adesso ce ne fottiamo?
Apriamo gli occhi, per favore, svegliamoci: ANDIAMO A VOTARE AL REFERENDUM E VOTIAMO SÌ!
Restiamo umani. [cit. V.A.]
sabato 16 aprile 2011
E tu che non piangi mai quando devi.
La notte era viola chiaro, quasi lilla, leggermente sfumata sulle pendici delle colline.
La luna s'avviava verso il novilunio ed emanava una luce soffusa, placida. Era leggermente velata da qualche batuffolo di nuvola, come del fumo respiratole addosso che aleggiava pigro e insonnolito.
La notte era viola chiaro, quasi lilla.
Camminava lentamente, penetrando con lo sguardo quel curioso colore che lo circondava. Gli alberi erano immobili, non tiravo un solo soffio di vento. Parevano giganti dormienti, scuri, imbroncianti, che s'erigevano a difesa di quella notte. Si sentiva arido, dentro di sé. Nel suo cuore, non sentiva nulla. Arido. Non come un deserto, però, in cui l'aridità, il vuoto, l'impossibilità di dissetarsi sono re e regine, principi e monarchi assoluti, da sempre. Il suo cuore non era un deserto, non lo era mai stato e mai lo sarebbe stato. In quel momento il suo cuore era un mare prosciugato, un lago essicato, un fiume morto. Era un oceano che era diventato prateria, in cui i pesci scalpitavano, si dimenavano per cercare un via d'uscita dal tunnel che inesorabilmente li stava conducendo verso la morte. C'era morte nel suo cuore? C'era aridità, c'era secchezza. Nulla, il nulla. La linfa vitale era stata risucchiata, bevuta, mandata giù a grandi sorsate beffarde. E non riusciva, non poteva spiegarsi...
La notte era viola chiaro.
La luna s'avviava verso il novilunio ed emanava una luce soffusa, placida. Era leggermente velata da qualche batuffolo di nuvola, come del fumo respiratole addosso che aleggiava pigro e insonnolito.
La notte era viola chiaro, quasi lilla.
Camminava lentamente, penetrando con lo sguardo quel curioso colore che lo circondava. Gli alberi erano immobili, non tiravo un solo soffio di vento. Parevano giganti dormienti, scuri, imbroncianti, che s'erigevano a difesa di quella notte. Si sentiva arido, dentro di sé. Nel suo cuore, non sentiva nulla. Arido. Non come un deserto, però, in cui l'aridità, il vuoto, l'impossibilità di dissetarsi sono re e regine, principi e monarchi assoluti, da sempre. Il suo cuore non era un deserto, non lo era mai stato e mai lo sarebbe stato. In quel momento il suo cuore era un mare prosciugato, un lago essicato, un fiume morto. Era un oceano che era diventato prateria, in cui i pesci scalpitavano, si dimenavano per cercare un via d'uscita dal tunnel che inesorabilmente li stava conducendo verso la morte. C'era morte nel suo cuore? C'era aridità, c'era secchezza. Nulla, il nulla. La linfa vitale era stata risucchiata, bevuta, mandata giù a grandi sorsate beffarde. E non riusciva, non poteva spiegarsi...
La notte era viola chiaro.
venerdì 8 aprile 2011
A well full of nothing.
Sì, il mare. Proprio il mare. Hai presente quella immensa distesa di acqua? Quella che in lontananza si perde assieme al cielo in una danza di luci blu. Hai presente quella corsa verso il mare? Quello scalpitare di piedi, quei granelli di sabbia che volano via e si disperdono intorno a te? E quella brezza che ti entra dentro e ti permette di sgretolare il macigno che dorme sul tuo cuore? L'hai presente? Riesci a percepirla? E ancora: quelle lacrime, quella sensazione di liberazione che hai solamente piangendo, urlando, dimenandoti, scalciando. Liberazione. Il pianto come gioia liquida nell'immensità del dolore, che è duro, forte, non si scalfisce, no. E tutto prende la forma di sogno, di irrealtà, di disperazione, che è però luminosa, abbagliante. Che cos'è? Che cos'è? Dimmi, cosa è? Questa pioggia che cade da un cielo senza nuvole... Dimmi cosa è.
Beautiful ignorance of what it is.
Because of impossibility of realizing.
And will that doesn't want to know.
...liquides pensées...
venerdì 1 aprile 2011
Uomo libero, tu amerai sempre il mare!
« Onde lunghe… », disse Thomas Buddenbrook. « Arrivano e s’infrangono, arrivano e s’infrangono, una dopo l’altra, senza fine, senza scopo, solitarie e vagabonde. Eppure danno un tal senso di quiete e di conforto, come le cose semplici e necessarie. Sempre più ho imparato ad amare il mare… forse un tempo preferivo la montagna, perché era così lontana. Ora non ci tornerei. Credo che proverei paura e vergogna. È troppo capricciosa, troppo irregolare, troppo varia… sicuro, mi sentirei in soggezione. Che uomini sono quelli che preferiscono la monotonia del mare? Mi sembra che siano di quelli che hanno scrutato troppo a lungo, troppo profondamente nel groviglio delle cose interiori, per non cercare in quelle esteriori una cosa sola, la semplicità… Non è il fatto che in montagna ci si debba arrampicare coraggiosamente, mentre al mare si riposa calmi sulla sabbia. Ma io conosco lo sguardo con il quale si accarezza l’una e l’altro. Occhi sicuri, audaci, felici, pieni di iniziativa, di coraggio e di risolutezza, vagano di vetta in vetta; ma sulla vastitià del mare, che trasporta le sue onde con questo mistico e snervante fatalismo, scorre uno sguardo velato, sognatore, sapiente e disincantato, che è già profondamente entrato in viluppi dolorosi… Salute e malattia: ecco la differenza. Si scala arditamente la meravigliosa molteplicità delle cime frastagliate, delle vette e dei dirupi, per mettere alla prova la propria energia vitale, non ancora consumata. Ma si cerca riposo sull’ampia semplicità delle cose esteriori, stanchi dei grovigli di quelle interiori. »
Da I Buddenbrook. Decadenza di una famiglia, Thomas Mann.
mercoledì 23 marzo 2011
I'll never explain again.
Today is the last day that I'm using words. They've gone out, lost their meaning. Don't function anymore.
Pavimento di vetro soffiato. Pareti scoperte. Cielo, nuvole nella stanza.
Let's get unconscious, honey.
Pavimento di vetro soffiato. Circondato dalla luce del giorno vi cammino sopra. E sotto, lì, cosa? Lì, sotto, cosa c'è? Fuoco. Oscurità. Una massa informe e viscosa, tentacoli di rabbia e infamia che si muovono, sinuosi, lenti. Umidi, appiccicosi. Si avvicinano, si alzano, toccano il pavimento di vetro soffiato. Spingono, forzano. Guardano con occhi languidi, maliziosi. E ridono. Vomitano frammenti di illusioni e tombe di speranze.
Let's get unconscious, honey.
Cammino, continuo a camminare sul pavimento di vetro soffiato. Ci dev'essere una porta che mi conduca fuori, in giardino, all'aperto, senza pavimenti di vetro soffiato, senza pareti ipocrite. Ci dev'essere.
Words are useless, especially sentences. They don't stand for anything.
How could they explain how I feel?
mercoledì 16 marzo 2011
Commento a 'Vieni via con me' di Roberto Saviano
Non è nulla di pretenzioso, all'apparenza, il nuovo libro di Saviano: raccoglie in forma scritta, rivista e arricchita, gli otto monologhi, da lui composti, della trasmissione televisiva Vieni via con me, condotta dallo stesso Saviano assieme a Fabio Fazio.
Otto monologhi che attraversano l'Italia, i suoi problemi, le sue domande, la sua ricerca di risposte. Saviano parla di Costituzione, di mafia, di diritti, di terremoti, di storie d'amore. Parla della macchina del fango, quel meccanismo che vuole delegittimare chiunque, che vuole farci credere che siamo tutti sporchi, quando non è così.
È un racconto appassionato, quello di Saviano: non è un semplice racconto di cronaca il suo, non è un mero susseguirsi di informazioni, impostato in maniera fredda e distaccata. Fra le sue parole si riesce a percepire la passione con cui Saviano racconta queste cose, la sua voglia di giustizia, la sua sete di uguaglianza. Si avverte in maniera prepotente la forza con cui racconta le tragiche storie dei ragazzi deceduti sotto il crollo della Casa dello studente all'Aquila, con cui narra la storia d'amore e di sofferenza di Piergiorgio e Mina Welby, con cui cerca di persuadere e far capire che è la non partecipazione, il disinteresse, il pensare: "Non è un problema mio", la vera origine del marcio che perdura in questo Paese.
E a parlare non è qualcuno che vive al sicuro, tranquillo, nel suo appartamento di città. A parlare è un uomo che vive sotto scorta da cinque anni, un uomo che non ha fissa dimora, che mette a rischio addirittura la vita dei suoi cari, oltre alla sua. Eppure è un uomo che non si arrende, che trova in tutto ciò la forza di andare avanti e di continuare a lottare.
Perché ci crede.
Perché ci crede.
Come mi sono commosso davanti al televisore guardando il programma, allo stesso modo mi sono commosso leggendo questo libro. Mi sono commosso per la storia di Piergiorgio e Mina, per il racconto del terremoto del 6 aprile, che me l'ha fatto rivivere nel cuore e nella mente come se fosse accaduto ieri. Ma mi sono commosso soprattutto perché ho capito che c'è speranza. Perché non ci troviamo in un baratro, ma in un tunnel buio, che ha un'uscita. E perché ci sono ancora tante persone che non si sono sedute, al buio, nel tunnel, a marcire, ma che si muovono alla ricerca dell'uscita, alla ricerca di quello spiraglio di luce che permetterà all'Italia di rimettersi in piedi.
Perché ci sono ancora persone che, come Saviano, ci credono.
Perché ci sono ancora persone che vogliono crederci.
Perché ci sono ancora persone che vogliono crederci.
C’è una frase di Tolstoj molto bella che dice: “Non si può asciugare l’acqua con l’acqua, non si può spegnere il fuoco con il fuoco, quindi non si può combattere il male con il male”. Nel momento in cui ognuno di noi non fa il male, sta facendo arretrare loro e sta forse sognando un’Italia diversa.
martedì 8 marzo 2011
Deep inside.
Thank you, India.
Thank you, world of grains and sand, land of peace and sea, of colors in the sunset, of lights that find death in the sunrise. Have you ever heard your heart singing down below the water? A soul that flies throught the sun, throughout the fire of my mind…
Thank you, providence.
Existing or not, going out the thoughts. Memories of the past, past memories, past joys.
Thank you, disillusionment.
How you’ve been able to open my eyes, to let me understand what really matters. It’s like tearing a veil of dream and facing reality. Hard, cold, but fresh.
Thank you, nothingness.
How you remind me that everything’s better than nothingness. And how I’m not so sure of this. How nothingness can make me feel me.
Thank you, clarity.
Thank you for the dreams you allow me to dream. Thank you for how you clean my eyes. For how you raise my curtains.
Thank you, thank you, silence...
For you. All. And not everything. Thank you for going through my veins, my soul. For tearing my mind apart. Thank you for letting me understand what’s worth, just what I’m worth. Thank you for being myself. Part of me. The silence of swimming through the ocean, the silence of waves dying on the shore...
Thank you for painting brightly my smile. For touching me deeply.
Thank you, silence and nothingness. All and nothing.
Life.
sabato 5 marzo 2011
Profondeur
venerdì 4 marzo 2011
«Anche voi avrete pene d'amore!»
Le Temps Des Cerises è una storica canzone francese scritta nel 1866 da Jean-Baptiste Clément e la cui musica fu composta da Antoine Renard nel 1868. È fortemente associata alla Comune di Parigi del 1871, essendo l'autore stesso un comunardo che combatté durante la cosiddetta Semaine sanglante (= Settimana sanguinante), dal 22 al 28 maggio. La canzone fu poi dedicata dall'autore a un'infermiera morta durante la suddetta Settimana, tempo dopo la redazione della canzone.
Una ragione stilistica esplica questa relazione fra Le Temps Des Cerises e la Comune di Parigi: il testo sufficientemente impreciso che parla di una “ferita aperta”, di un “ricordo che conservo nel cuore”. Si è facilmente tentati di vederci una metafora poetica parlante di una rivoluzione, evitando però di evocarla esplicitamente. La coincidenza cronologica fa inoltre che la Semaine sanglante di fine maggio del 1871 si svolga giustamente durante la stagione, il tempo delle ciliegie. Le ciliegie rimandano allo zucchero e all’estate, e da qui un contesto gioioso e festivo. Allo stesso modo la canzone è anche veicolo di una certa idea di nostalgia e di gaiezza popolare.
La canzone è stata interpretata da molteplici cantanti e artisti, fra cui, mes chers, i Noir Désir :)
E qui testo e traduzione in italiano:
Le Temps Des Cerises
Quand nous chanterons le temps des cerises
Et gai rossignol et merle moqueur
Seront tous en fête
Les belles auront la folie en tête
Et les amoureux du soleil au cœur
Quand nous chanterons le temps des cerises
Sifflera bien mieux le merle moqueur
Mais il est bien court le temps des cerises
Où l'on s'en va deux cueillir en rêvant
Des pendants d'oreilles
Cerises d'amour aux robes pareilles
Tombant sous la feuille en gouttes de sang...
Mais il est bien court le temps des cerises
Pendants de corail qu'on cueille en rêvant!
Quand vous en serez au temps des cerises
Si vous avez peur des chagrins d'amour
Évitez les belles!
Moi qui ne crains pas les peines cruelles
Je ne vivrai pas sans souffrir un jour…
Quand vous en serez au temps des cerises
Vous aurez aussi des peines d'amour!
J'aimerai toujours le temps des cerises
C'est de ce temps-là que je garde au cœur
Une plaie ouverte!
Et Dame Fortune, en m'étant offerte
Ne pourra jamais calmer ma douleur…
J'aimerai toujours le temps des cerises
Et le souvenir que je garde au cœur!
Il Tempo Delle Ciliegie
Quando canteremo il tempo delle ciliegie
E il giocondo usignolo e il merlo beffardo
Saranno tutti in festa
Le belle avranno la follia in testa
E gli innamorati il sole nel cuore
Quando canteremo il tempo delle ciliegie
Fischierà molto meglio il merlo beffardo
Ma è così corto il tempo delle ciliegie
Dove si va in due a cogliere sognando
Degli orecchini
Ciliegie d’amore simili alle gonne
Che cadono sotto la foglia in gocce di sangue…
Ma è così corto il tempo delle ciliegie
Pendenti di corallo che si colgono sognando!
Quando sarete al tempo delle ciliegie
Se avete paura delle pene d’amore
Evitate le belle!
Io che non temo le pene crudeli
Io non vivrò senza soffrire un giorno…
Quando sarete al tempo delle ciliegie
Anche voi avrete pene d’amore!
Amerò sempre il tempo delle ciliegie
È di quel tempo che conservo nel cuore
Una ferita aperta!
E la Signora Fortuna, essendosi offerta a me
Non potrà mai calmare il mio dolore…
Amerò sempre il tempo delle ciliegie
E il ricordo che conservo nel cuore!
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