lunedì 30 aprile 2012

Momenti di lucida non-lucidità.

Sulla morte, senza esagerare

Non s'intende di scherzi,
stelle, ponti,
tessitura, miniere, lavoro dei campi,
costruzione di navi e cottura di dolci.

Quando conversiamo del domani
intromette la sua ultima parola
a sproposito.

Non sa fare neppure ciò
che attiene al suo mestiere:
né scavare una fossa,
né mettere insieme una bara,
né rassettare il disordine che lascia.

Occupata ad uccidere,
lo fa in modo maldestro,
senza metodo né abilità.
Come se con ognuno di noi stesse imparando.

Vada per i trionfi,
ma quante disfatte,
colpi a vuoto
e tentativi ripetuti da capo!

A volte le manca la forza
di far cadere una mosca in volo.
Più di un bruco
la batte in velocità.

Tutti quei bulbi, baccelli,
antenne, pinne, trachee,
piumaggi nuziali e pelame invernale
testimoniano i ritardi
del suo svogliato lavoro.

La cattiva volontà non basta
e perfino il nostro aiuto con guerre e rivoluzioni
è, almeno finora, insufficiente.

I cuori battono nelle uova.
Crescono gli scheletri dei neonati.
Dai semi spuntano le prime due foglioline,
e spesso anche grandi alberi all'orizzonte.

Chi ne afferma l'onnipotenza
è lui stesso la prova vivente
che essa onnipotente non è.

Non c'è vita
che almeno per un attimo
non sia immortale.

La morte
è sempre in ritardo di quell'attimo.

Invano scuote la maniglia
d'una porta invisibile.
A nessuno può sottrarre
il tempo raggiunto.

***

Chiedo scusa al caso se lo chiamo necessità.
Chiedo scusa alla necessità se tuttavia mi sbaglio.
Non si arrabbi la felicità se la prendo per mia.
Mi perdonino i morti se ardono appena nella mia memoria.
Chiedo scusa al tempo per tutto il mondo che mi sfugge a ogni istante.
Chiedo scusa al vecchio amore se do la precedenza al nuovo.
Perdonatemi, guerre lontane, se porto fiori a casa.
Perdonatemi, ferite aperte, se mi pungo un dito.
Chiedo scusa a chi grida dagli abissi per il disco col minuetto.
Chiedo scusa alla gente nelle stazioni se dormo alle cinque del mattino.
Perdonami, speranza braccata, se a volte rido.
Perdonatemi, deserti, se non corro con un cucchiaio d'acqua.
E tu, falcone, da anni lo stesso, nella stessa gabbia,
immobile con lo sguardo fisso sempre nello stesso punto,
assolvimi, anche se tu fossi un uccello impagliato.
Chiedo scusa all'albero abbattuto per le quattro gambe del tavolo.
Chiedo scusa alle grandi domande per le piccole risposte.
Verità, non prestarmi troppa attenzione.
Serietà, sii magnanima con me.
Sopporta, mistero dell'esistenza, se strappo fili dal tuo strascico.
Non accusarmi, anima, se ti possiedo di rado.
Chiedo scusa al tutto se non posso essere ovunque.
Chiedo scusa a tutti se non so essere ognuno e ognuna.
So che finché vivo niente mi giustifica,
perché io stessa mi sono d'ostacolo.
Non avermene, lingua, se prendo in prestito parole patetiche,
e poi fatico per farle sembrare leggere.

***

Amore a prima vista

Sono entrambi convinti
che un sentimento improvviso li unì.
È bella una tale certezza
ma l'incertezza è più bella.

Non conoscendosi prima, credono
che non sia mai successo nulla fra loro.
Ma che ne pensano le strade, le scale, i corridoi
dove da tempo potevano incrociarsi?

Vorrei chiedere loro
se non ricordano -
una volta un faccia a faccia
forse in una porta girevole?
Uno ‘scusi’ nella ressa?
Un ‘ha sbagliato numero’ nella cornetta?
- ma conosco la risposta.
No, non ricordano.

Li stupirebbe molto sapere
che già da parecchio
il caso stava giocando con loro.

Non ancora del tutto pronto
a mutarsi per loro in destino,
li avvicinava, li allontanava,
gli tagliava la strada
e soffocando un risolino
si scansava con un salto.

Vi furono segni, segnali,
che importa se indecifrabili.
Forse tre anni fa
o il martedì scorso
una fogliolina volò via
da una spalla all'altra?
Qualcosa fu perduto e qualcosa raccolto.
Chissà, era forse la palla
tra i cespugli dell'infanzia?

Vi furono maniglie e campanelli
in cui anzitempo
un tocco si posava sopra un tocco.
Valigie accostate nel deposito bagagli.
Una notte, forse, lo stesso sogno,
subito confuso al risveglio.

Ogni inizio infatti
è solo un seguito
e il libro degli eventi
è sempre aperto a metà.

(W.S.)

domenica 29 aprile 2012

The road is long, we carry on.

Sai quando si dice che la felicità è fatta di piccole cose? Ecco, io non ci ho mai creduto più di tanto; non ho mai creduto, soprattutto, che esista la felicità come emozione concreta: piuttosto, è fatta di attimi, di istanti e momenti fuggenti, di cui hai appena il sentore quando arrivano ma che già sono andati via.
Eppure, a volte metto in dubbio questa convinzione. Ad esempio, quando è sera, quando mancano poche ore a che tu ti metta a letto, stanco e sollevato, e pensi che non ci sia cosa più bella del prendere il lettore e mettere le cuffie alle orecchie, e ascoltare la musica, la tua musica, quella che ti accende l'anima. Può succedere di tutto quella sera, può crollare ogni cosa, può frantumarsi ogni cosa, spezzarsi tutto, ma l'idea che di lì a poche ore tu starai bene, benissimo, ti prende e ti porta a qualche centimetro da terra.

E se poi ci sono i tuoi occhi e la tua voce, be', potrebbe mai la serenità che mi abita nel cuore fare le valigie e andarsene?

giovedì 26 aprile 2012

Buonanotte a voce.

Hai presente i momenti in cui non ci vediamo, in cui non stiamo insieme?
Ecco, a me sembrano solo un lasso di tempo, un'attesa tra l'ultima volta in cui siamo stati insieme e la prossima in cui lo saremo. Un'attesa impaziente, che mi pesa addosso, che voglio finisca al più presto.
E poi sì, poi finisce, e stiamo insieme, e scordo tutto, e sono con te, e non voglio aspettare più.
Ma tornerà l'attesa.
Ma tornerai anche tu.

lunedì 23 aprile 2012

Say you'll remember.

Questi sono i momenti in cui mi rendo conto di quanto, spesso, io abbia poca percezione di quello che sono, di quello che dico, di quello che faccio e, soprattutto, di quello che provochi nelle persone. Purtroppo mi rendo conto che a volte ho troppa sicurezza di me stesso, credo di essere nel giusto e non vedo al di là. Presuzione, sì. E pensare che una volta non era così. Ma a questo può portare la troppa sicurezza di se stessi. E sbaglio, sbaglio, eccome. Devo mettermi più spesso in discussione.

Mi dispiace, mi dispiace davvero per averti ferito, per averti fatto pensare che non m'importasse, che avessi scansato la cosa così semplicemente, che non mi fossi fatto alcuno scrupolo. Non lo volevo. Non volevo che pensassi questo, non volevo che capissi questo, non volevo soprattutto intendere questo, mai. E mi fa male, ancora.

Però ho potuto adesso capire quanto tengo a te, e quanto tu tieni a me. E queste lacrime significano qualcosa, non sono inutili.

Ti voglio bene.

giovedì 19 aprile 2012

20:49

Che sarei buono persino se non facessi nulla...
Che sarei buono persino se non fossi approvato...
Che sarei buono se mi ammalassi e stessi male...
Che sarei buono persino se guadagnassi dieci sterline...

Che starei bene persino se andassi in bancarotta...
Che sarei buono se perdessi i miei capelli e la mia giovinezza...
Che sarei grande se non fossi più re...
Che sarei grandioso se non sapelli nulla...

Che sarei amato persino quando intorpidisco me stesso...
Che sarei buono persino quando sono oppresso...
Che sarei amato persino quando stessi fumando di rabbia...
Che sarei buono persino se mi stessi avvinghiando...

Che sarei buono persino se perdessi la salute...
Che sarei buono...
Con o senza di te.

Ma scelgo di esserlo con te.


Persino se guadagnassi dieci sterline.

Ci sono tantissime cose che mi buttano a terra, che mi annientano, che soffiavano via qualsiasi barlume di serenità che con difficoltà ho acceso dentro me stesso. Sono tante, tantissime, e mi fanno paura. Ma poi sento te. Parlo con te. Vedo te, sono con te. E in qualche modo, non so come, quelle cose rimpiccioliscono, le loro urla si attenuano, i loro aghi divengono petali, e io non le sento più. Come ci riesci, non lo so. E non lo voglio sapere.

Domani insieme. Sempre insieme. Io e te.

martedì 17 aprile 2012

That I would be good if I got and stayed sick.

Lo so che non sono perfetto, che non sono esattamente quello che vuoi tu. Ci provo a non avere difetti, a far scorrere le cose lisce e senza intoppi, ma non ci riesco. Non credo sia nella mia natura. Sta a te accettare o meno la cosa. Ma quegli occhi e quelle mani parlano da soli. Vorrei essere lì vicino a te, appoggiare la testa sul tuo petto e rilassarmi con le tue dita che toccano morbide i miei capelli, in una luce corallo che ci illumina il sorriso.

Mi basta.

mercoledì 4 aprile 2012

You, on my skin.

My heart is in your hand, and yet you never stand close enough for me to have my way...

To kiss but never be the object of your desire...

You're to have, not to hold... to break my heart...

Do I know you from somewhere?
Why do you leave me wanting more?
Why do all the things I say sound like the stupid things I've said before?


...

Non-sostanza.

Ci siamo amati fra le radici degli alberi, abbiano contato insieme le foglie che crescevano sopra di noi, i raggi della luna hanno illuminato le nostre labbra che si cercavano.
E vorrei, vorrei che non fosse andato tutto perduto.

Ho perso il conto, torniamo lì, ti prego.
Voglio rivedere il cielo che si rispecchia nei tuoi occhi.
Voglio che i tuoi occhi guardino i miei, ancora e ancora.

Ho scansato la cosa, sembrava facile. Adesso non gettarmi via. Ho bisogno della tua voce, delle tue braccia, del fumo che aleggiava intorno a noi con circospezione, mentre attendevamo.

martedì 3 aprile 2012

Freschezza di una passione.

Mi permetterai di rivedere quei tuoi occhi, quegli occhi che rubano tutta la luce che li circonda e che mi gettano nel buio più profondo? Buio che posso solo amare, accarezzare, baciare, perché ci sei anche tu con me.

Me lo permetterai?

domenica 1 aprile 2012

Corsi a vedere il colore del vento.

Ebbene sì, è così. Ho pianto. Per te? No, ma per la situazione che tu hai creato, per il vuoto che mi hai partorito dentro, per la fiamma che mi hai riacceso, così velocemente, così improvvisamente. Ho chiuso la porta, ho gettato via gli occhiali, mi sono buttato sul pavimento freddo e ho preso la mia testa fra le mani, mi sono preso i capelli, li ho tirati, ho sentito il dolore, ma non era, non era più forte di quello che avevo nel cuore. E poi il telefono, l'ho cercato, ho tentato di chiamare, ho parlato con voci rassicuranti, le lacrime sono salite. Ma poi mi sono calmato, ho preso coscienza di me e della situazione, ho accoltellato le mie ansie e le mie paure, le ho gettate nel fiume e ho risalito la montagna. Ora sto guardando dall'alto l'orizzonte e vedo tante possibilità e opportunità. Ma per quelli come te non c'è posto.