domenica 21 aprile 2013

Somiglianze, distruzioni.

Ci siamo lasciati così, al di fuori di tutto. Ci siamo abbandonati, l'un l'altro, al di fuori delle nostre parole non dette. O parole mancate, come i nostri appuntamenti, quelli mancati. Quelli dove eri nascosto, forse dietro un'onda. E ho provato a prenderti, ho cercato di correrti dietro, o di venirti incontro, ma sfuggivi alla luce del Sole. Mi hai lasciato con una ciglia sul dorso della mano, e una lacrima che scendeva oltre le mie labbra. Ti ho visto perderti, e camminare sopra i prati senza mai voltare lo sguardo.
Mi hai chiesto di andarmene, di non toccare la tua pioggia, quella che scendeva dalle tue mani. E l'ho fatto. Mi hai chiesto di non guardare. E l'ho fatto. Mi hai chiesto di non perdonarti, di bruciare la tua cera, di scompigliare le tue carte. E l'ho fatto. Mi hai chiesto di non combattere i tuoi demoni, di assecondare le tue cascate e i tuoi fiumi in piena. E l'ho fatto.
Ma quando hai scelto di non parlarmi? Quando hai scelto di incendiare i nostri fiori? Quando hai deciso di non lasciarmi dissetare le tue gioie? Quando hai deciso di farmi perdere nei cunicoli del tuo vedere oltre, del tuo vedere di più?
Perché? Non so, non so dire.
Però, forse, da qualche parte; sei tu.

But you stand there so nice in your blizzard of ice,
oh, please let me come into the storm.

mercoledì 10 aprile 2013

Fake Plastic Trees.

Ti sto aspettando, sono alla stazione, sono arrivato da poco. Mi sono subito posizionato davanti al binario, è qui che si fermerà il treno dal quale scenderai. È metà mattina, il Sole mi riscalda tenuamente il viso, sento la freschezza del giorno che mi strofina i capelli. Manca poco al tuo arrivo, non vedo l’ora. Davvero poco, questione di minuti, e tu sarai qui. Il treno si fermerà, le porte si apriranno e tu scenderai. Mi vedrai, forse sorriderai, e ti verrò incontro. Sono proprio qui davanti, mi vedrai subito, io ti vedrò subito. Ti sto aspettando, stai per arrivare, ma forse il treno è un po’ in ritardo.

Ti sto aspettando, sono al parco, seduto sulla panchina. Sono passate da poco le quattro del pomeriggio, il Sole brilla ancora nel cielo. Ci sono tanti bambini e ragazzi che giocano qui intorno. Mi sono seduto sulla panchina sotto il salice, quello vicino alla fontana, non puoi sbagliarti quando entrerai da quel sentiero di brecce e mi verrai incontro. Sentirò i tuoi passi rumorosi, e il tuo sorriso che s’impianterà nei miei occhi, e ti siederai affianco a me. Ti sto aspettando, fra non molto sarai qui, ma inizia a tirar vento e il Sole non è più tanto luminoso.

Ti sto aspettando, sono davanti al camino, il fuoco è acceso. È sera ormai, fuori comincia a far fresco. Sono sulla poltrona davanti a questo tiepido calore, quando entrerai verrai sicuramente a sederti qui, vicino a me. Sarai stanco forse, e vorrai riposare, e io ci sono per questo, ci scalderemo insieme, abbracciati. Ti sto aspettando, manca poco perché tu apra la porta, ma è tardi e il fuoco si sta lentamente spegnendo.

Ti sto aspettando, sono sdraiato sul letto, in silenzio. È notte fonda, non c’è nessun rumore attorno a me. C’è il solo il mio respiro incostante che attende. Mi sono messo sul mio lato, ti ho lasciato spazio, così quando arriverai ti getterai direttamente qui, affianco a me, e saremo di nuovo insieme. Dormiremo stretti, al caldo, sotto le nostre coperte, e chiuderemo l’uno gli occhi dell’altro, lasciandoci cullare dal battito dei nostri cuori. Ti sto aspettando, fra poco sentirò i tuoi passi lungo il corridoio, ma il buio sembra ingigantirsi e questo letto non riesce a riscaldarmi.

Ti sto aspettando, amore mio, da tanto tempo. Conto i giorni, conto le ore, gli attimi che ci separano, quegli istanti intrappolati fra me e te, che ci tengono lontani. Ti ho aspettato per tanto tempo, ho perso il conto dei momenti, ma quel lato del letto è ancora vuoto. È vuoto e freddo, come il mio viso che ti cerca, e che ti aspetta.

domenica 7 aprile 2013

Cosa posso dire?

Sono le 4 del mattino,
la fine di dicembre.

Incanto e disperazione.


Cosa posso dirti, fratello mio, assassino mio?


Il grigiore e la luce, la costanza di un momento o di una giornata, il sentore dell'inconsapevolezza di ogni cosa. Giustizia? Debole benessere, o solitudine? Che cosa mi pervade? Un silenzio rumoroso, musicale.


Miei segni particolari:

incanto e disperazione.

Il tuo famoso impermeabile blue era strappato alla spalla.


Ma perché? Ci sono dei motivi? Cosa mi spinge, cosa mi lega? Non poteva essere diversamente? È giusto? Esiste il giusto? È un'ansia che sale, un bisogno di passi assenti, di silenzi profondi e stomaci inquieti.

Questa voce che mi accompagna, che mi pervade, mi rassicura. Ma dov'è il senso? Ma perché? E se poi, e se mai?

New York è fredda.

sabato 6 aprile 2013

Ma perché perdo tempo dietro alla gente? Perché? Dopo che uno è menefreghista. Ma cristosanto! Come cazzo fai a non spazientirti?! Arrivo a sentirmi un idiota, un completo idiota, che si fa solo e soltanto prendere in giro come il migliore dei cretini al mondo.
Datemi un kalashnikov.
PD.