martedì 24 maggio 2011

Come un bel sogno inutile che si scorda al mattino.

Era passata da poco la metà della notte. Le vie della città erano deserte, eccetto qualche coppia di amanti o amici che passeggiavano chiacchierando allegramente.
Noi eravamo lì, dentro l'auto, a partorire incomprensioni.
La pioggia incominciò a venir giù. Lentamente, le gocce sfioravano i vetri e ivi morivano. Poi iniziarono a precipitare con forza, con più forza, numerose. Prepotenti venivano giù e bagnavano ogni cosa. I vetri presero a inzupparsi, a infradiciarsi d'acqua e lacrime. Il ticchettio era forte, rumoroso; inondava tutti i silenzi, che indifesi morivano sotto quelle nubi.
Dall'abitacolo vedevamo le luci delle vie dilatarsi, deformarsi, inumidirsi. Vedevamo le luci arancioni delle vie sbiadire verso un giallo tenue, creparsi, piangere. Il mondo intorno a noi andava sgretolandosi, cadeva a pezzi lanciando grida di dolore e di supplica. Quella pioggia di acqua e lacrime e paure scrosciava senza interruzioni.
E noi eravamo lì, a partorire incomprensioni.

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