mercoledì 23 marzo 2011

I'll never explain again.

Today is the last day that I'm using words. They've gone out, lost their meaning. Don't function anymore.

Pavimento di vetro soffiato. Pareti scoperte. Cielo, nuvole nella stanza.

Let's get unconscious, honey.

Pavimento di vetro soffiato. Circondato dalla luce del giorno vi cammino sopra. E sotto, lì, cosa? Lì, sotto, cosa c'è? Fuoco. Oscurità. Una massa informe e viscosa, tentacoli di rabbia e infamia che si muovono, sinuosi, lenti. Umidi, appiccicosi. Si avvicinano, si alzano, toccano il pavimento di vetro soffiato. Spingono, forzano. Guardano con occhi languidi, maliziosi. E ridono. Vomitano frammenti di illusioni e tombe di speranze.

Let's get unconscious, honey.

Cammino, continuo a camminare sul pavimento di vetro soffiato. Ci dev'essere una porta che mi conduca fuori, in giardino, all'aperto, senza pavimenti di vetro soffiato, senza pareti ipocrite. Ci dev'essere.

Words are useless, especially sentences. They don't stand for anything.
How could they explain how I feel?




mercoledì 16 marzo 2011

Commento a 'Vieni via con me' di Roberto Saviano

Non è nulla di pretenzioso, all'apparenza, il nuovo libro di Saviano: raccoglie in forma scritta, rivista e arricchita, gli otto monologhi, da lui composti, della trasmissione televisiva Vieni via con me, condotta dallo stesso Saviano assieme a Fabio Fazio.

Otto monologhi che attraversano l'Italia, i suoi problemi, le sue domande, la sua ricerca di risposte. Saviano parla di Costituzione, di mafia, di diritti, di terremoti, di storie d'amore. Parla della macchina del fango, quel meccanismo che vuole delegittimare chiunque, che vuole farci credere che siamo tutti sporchi, quando non è così.

È un racconto appassionato, quello di Saviano: non è un semplice racconto di cronaca il suo, non è un mero susseguirsi di informazioni, impostato in maniera fredda e distaccata. Fra le sue parole si riesce a percepire la passione con cui Saviano racconta queste cose, la sua voglia di giustizia, la sua sete di uguaglianza. Si avverte in maniera prepotente la forza con cui racconta le tragiche storie dei ragazzi deceduti sotto il crollo della Casa dello studente all'Aquila, con cui narra la storia d'amore e di sofferenza di Piergiorgio e Mina Welby, con cui cerca di persuadere e far capire che è la non partecipazione, il disinteresse, il pensare: "Non è un problema mio", la vera origine del marcio che perdura in questo Paese.

E a parlare non è qualcuno che vive al sicuro, tranquillo, nel suo appartamento di città. A parlare è un uomo che vive sotto scorta da cinque anni, un uomo che non ha fissa dimora, che mette a rischio addirittura la vita dei suoi cari, oltre alla sua. Eppure è un uomo che non si arrende, che trova in tutto ciò la forza di andare avanti e di continuare a lottare.
Perché ci crede.

Come mi sono commosso davanti al televisore guardando il programma, allo stesso modo mi sono commosso leggendo questo libro. Mi sono commosso per la storia di Piergiorgio e Mina, per il racconto del terremoto del 6 aprile, che me l'ha fatto rivivere nel cuore e nella mente come se fosse accaduto ieri. Ma mi sono commosso soprattutto perché ho capito che c'è speranza. Perché non ci troviamo in un baratro, ma in un tunnel buio, che ha un'uscita. E perché ci sono ancora tante persone che non si sono sedute, al buio, nel tunnel, a marcire, ma che si muovono alla ricerca dell'uscita, alla ricerca di quello spiraglio di luce che permetterà all'Italia di rimettersi in piedi.

Perché ci sono ancora persone che, come Saviano, ci credono.
Perché ci sono ancora persone che vogliono crederci.


C’è una frase di Tolstoj molto bella che dice: “Non si può asciugare l’acqua con l’acqua, non si può spegnere il fuoco con il fuoco, quindi non si può combattere il male con il male”. Nel momento in cui ognuno di noi non fa il male, sta facendo arretrare loro e sta forse sognando un’Italia diversa.

martedì 8 marzo 2011

Deep inside.

Thank you, India.
Thank you, world of grains and sand, land of peace and sea, of colors in the sunset, of lights that find death in the sunrise. Have you ever heard your heart singing down below the water? A soul that flies throught the sun, throughout the fire of my mind…

Thank you, providence.
Existing or not, going out the thoughts. Memories of the past, past memories, past joys.

Thank you, disillusionment.
How you’ve been able to open my eyes, to let me understand what really matters. It’s like tearing a veil of dream and facing reality. Hard, cold, but fresh.

Thank you, nothingness.
How you remind me that everything’s better than nothingness. And how I’m not so sure of this. How nothingness can make me feel me.

Thank you, clarity.
Thank you for the dreams you allow me to dream. Thank you for how you clean my eyes. For how you raise my curtains.

Thank you, thank you, silence...
For you. All. And not everything. Thank you for going through my veins, my soul. For tearing my mind apart. Thank you for letting me understand what’s worth, just what I’m worth. Thank you for being myself. Part of me. The silence of swimming through the ocean, the silence of waves dying on the shore...


Thank you for painting brightly my smile. For touching me deeply.
Thank you, silence and nothingness. All and nothing.
Life.


sabato 5 marzo 2011

Profondeur

Bon anniversaire,
mon cher et bien-aimé Bertrand,
pour toujours le seul chanteur
de mon âme!


Pour les écorchés vifs, on en a des sévices...


Et toujours, merci pour tout... :)

venerdì 4 marzo 2011

«Anche voi avrete pene d'amore!»

Le Temps Des Cerises è una storica canzone francese scritta nel 1866 da Jean-Baptiste Clément e la cui musica fu composta da Antoine Renard nel 1868. È fortemente associata alla Comune di Parigi del 1871, essendo l'autore stesso un comunardo che combatté durante la cosiddetta Semaine sanglante (= Settimana sanguinante), dal 22 al 28 maggio. La canzone fu poi dedicata dall'autore a un'infermiera morta durante la suddetta Settimana, tempo dopo la redazione della canzone.
Una ragione stilistica esplica questa relazione fra Le Temps Des Cerises e la Comune di Parigi: il testo sufficientemente impreciso che parla di una “ferita aperta”, di un “ricordo che conservo nel cuore”. Si è facilmente tentati di vederci una metafora poetica parlante di una rivoluzione, evitando però di evocarla esplicitamente. La coincidenza cronologica fa inoltre che la Semaine sanglante di fine maggio del 1871 si svolga giustamente durante la stagione, il tempo delle ciliegie. Le ciliegie rimandano allo zucchero e all’estate, e da qui un contesto gioioso e festivo. Allo stesso modo la canzone è anche veicolo di una certa idea di nostalgia e di gaiezza popolare.

La canzone è stata interpretata da molteplici cantanti e artisti, fra cui, mes chers, i Noir Désir :)


E qui testo e traduzione in italiano:

Le Temps Des Cerises

Quand nous chanterons le temps des cerises
Et gai rossignol et merle moqueur
Seront tous en fête
Les belles auront la folie en tête
Et les amoureux du soleil au cœur
Quand nous chanterons le temps des cerises
Sifflera bien mieux le merle moqueur

Mais il est bien court le temps des cerises
Où l'on s'en va deux cueillir en rêvant
Des pendants d'oreilles
Cerises d'amour aux robes pareilles
Tombant sous la feuille en gouttes de sang...
Mais il est bien court le temps des cerises
Pendants de corail qu'on cueille en rêvant!

Quand vous en serez au temps des cerises
Si vous avez peur des chagrins d'amour
Évitez les belles!
Moi qui ne crains pas les peines cruelles
Je ne vivrai pas sans souffrir un jour…
Quand vous en serez au temps des cerises
Vous aurez aussi des peines d'amour!

J'aimerai toujours le temps des cerises
C'est de ce temps-là que je garde au cœur
Une plaie ouverte!
Et Dame Fortune, en m'étant offerte
Ne pourra jamais calmer ma douleur…
J'aimerai toujours le temps des cerises
Et le souvenir que je garde au cœur!


Il Tempo Delle Ciliegie

Quando canteremo il tempo delle ciliegie
E il giocondo usignolo e il merlo beffardo
Saranno tutti in festa
Le belle avranno la follia in testa
E gli innamorati il sole nel cuore
Quando canteremo il tempo delle ciliegie
Fischierà molto meglio il merlo beffardo

Ma è così corto il tempo delle ciliegie
Dove si va in due a cogliere sognando
Degli orecchini
Ciliegie d’amore simili alle gonne
Che cadono sotto la foglia in gocce di sangue…
Ma è così corto il tempo delle ciliegie
Pendenti di corallo che si colgono sognando!

Quando sarete al tempo delle ciliegie
Se avete paura delle pene d’amore
Evitate le belle!
Io che non temo le pene crudeli
Io non vivrò senza soffrire un giorno…
Quando sarete al tempo delle ciliegie
Anche voi avrete pene d’amore!

Amerò sempre il tempo delle ciliegie
È di quel tempo che conservo nel cuore
Una ferita aperta!
E la Signora Fortuna, essendosi offerta a me
Non potrà mai calmare il mio dolore…
Amerò sempre il tempo delle ciliegie
E il ricordo che conservo nel cuore!

mercoledì 2 marzo 2011

Per Sempre.

Generale, dietro la collina
ci sta la notte crucca e assassina,
e in mezzo al prato c'è una contadina,
curva sul tramonto sembra una bambina,
di cinquant'anni e di cinque figli,
venuti al mondo come conigli,
partiti al mondo come soldati
e non ancora tornati.

Generale, dietro la stazione
lo vedi il treno che portava al sole,
non fa più fermate neanche per pisciare,
si va dritti a casa senza più pensare,
che la guerra è bella anche se fa male,
che torneremo ancora a cantare
e a farci fare l'amore, l'amore delle infermiere.

Generale, la guerra è finita,
il nemico è scappato, è vinto, è battuto,
dietro la collina non c'è più nessuno,
solo aghi di pino e silenzio e funghi
buoni da mangiare, buoni da seccare,
da farci il sugo quando è Natale,
quando i bambini piangono
e a dormire non ci vogliono andare.

Generale, queste cinque stelle,
queste cinque lacrime sulla mia pelle
che senso hanno dentro al rumore di questo treno,
che è mezzo vuoto e mezzo pieno
e va veloce verso il ritorno,
tra due minuti è quasi giorno,
è quasi casa, è quasi amore.